Quando il comportamento di un figlio racconta il bisogno non ascoltato di un genitore

Spesso ci chiediamo perché nostro figlio o nostra figlia sia troppo ansiosa, eccessivamente esuberante o inspiegabilmente timida. Ci interroghiamo sulle cause, cerchiamo spiegazioni all’esterno, ci preoccupiamo. Ma ci fermiamo mai ad ascoltare cosa ci sta raccontando davvero, attraverso quel comportamento?

A volte, il comportamento di un figlio è lo specchio di un bisogno non riconosciuto nel mondo interiore del genitore. Un bisogno antico, non espresso, rimasto inascoltato nella propria storia personale.

Immagina una madre che, da adolescente, ha dovuto crescere troppo in fretta, che ha dovuto essere “grande”, responsabile, adattarsi, rinunciando alla leggerezza e alla spensieratezza della sua età, che non ha potuto vivere le ribellioni, le scoperte, gli errori, i sogni e gli slanci tipici dell’adolescenza.

Cosa può accadere, allora, quando suo figlio o sua figlia entra nell’adolescenza e inizia a cercare la libertà, a voler sperimentare, a esplorare se stesso per costruire la propria identità?

Quella madre potrebbe sentirsi minacciata, giudicare quel comportamento come incosciente, pericoloso, irrispettoso. Potrebbe, inconsapevolmente, negare al figlio il diritto di vivere pienamente il proprio ciclo evolutivo, proprio perché lei non ha potuto farlo.

Ma quel giudizio non parla del figlio. Parla di una ferita ancora aperta che chiede di essere vista, di una parte di sé che, finalmente, desidera spazio, ascolto, legittimazione.

Guardare il proprio figlio può diventare allora un’occasione di guarigione

Ogni comportamento che ci “disturba” è una voce che ci invita a guardare dentro, a chiederci:

• Quale parte di me è stata soffocata e oggi cerca spazio?

• Cosa ho dovuto sacrificare, che oggi mi fa reagire così intensamente?

Riconoscere questi legami invisibili non significa colpevolizzarsi, ma prendersi cura di sé per poter accompagnare i figli in modo più libero, amorevole e consapevole.